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- 55.2_Chimica e ricerca: Questione di peeling

La valutazione dell’efficacia dei prodotti consolidanti applicati su pietre o malte degradate è uno dei punti più discussi e controversi tra i conservation scientist che si occupano di materiali lapidei.

Tra i numerosi metodi proposti (velocità ultrasonica, drilling, resistenza a compressione o a flessione….) nessuno fornisce, da solo, risposte precise e definitive, e l’attuale indirizzo è quello di seguire almeno due metodologie, incrociando poi i risultati.

Un test apprezzato per la sua semplicità di esecuzione è il cosiddetto Scotch Tape Test, o peeling test; l’unica strumentazione necessaria è una bilancia di precisione, presente in tutti i laboratori e comunque acquistabile a prezzi contenuti.

Lo Scotch Tape Test consiste nel pesare delle strisce di nastro adesivo, che vengono poi applicate sulle superfici dei materiali trattati, rimosse e pesate nuovamente. Per una semplice differenza di pesata si ottiene il materiale rimosso, che sarà inversamente proporzionale al consolidamento ottenuto.

Inizialmente il metodo fu proposto per valutare la resistenza di pitture (o di coating su metalli), tanto che esiste un metodo standard (ASTM 4214-97 ‘‘Standard Test Methods for Evaluating the Degree of Chalking of Exterior Paint Films’’), che prevede la valutazione tramite una interpolazione per immagini, ma si riferisce alla valutazione del degrado delle pitture in edilizia civile, e non lo prenderemo qui in considerazione. Inoltre la valutazione richiede una strumentazione di analisi per immagini, non facilmente accessibile a tutti.

Lo Scotch Tape Test, effettuato per pesata, fu introdotto nell’ambito del restauro da Mora e Torraca [1] già nel lontano 1965, e presenta comunque dei limiti che devono essere attentamente valutati.

Primo punto da sottolineare: il test fornisce esclusivamente un indice del consolidamento superficiale, senza alcuna possibilità di ottenere informazioni su quello che è successo all’interno del materiale, se il consolidante è penetrato e di quanto, se ha svolto la sua funzione negli strati interni, etc...

Secondo punto: il test è soggetto a numerose variabili che possono condurre ad errori anche grossolani. Per questo motivo sono stati proposti vari protocolli di analisi mirati alla riduzione delle variabili esterne.

Tra le tante variabili da considerare avremo:

  • il tipo di nastro adesivo utilizzato, e la sua dimensione
  • il tipo di materiale lapideo esaminato (con decoesione granulare, a scaglie, etc.)
  • la forza con cui si applica il nastro, che dipende dall’operatore;
  • la velocità con cui si rimuove il nastro adesivo, e la direzione di rimozione.


Tutti questi punti sono stati affrontati da vari gruppi di ricerca, e sono state avanzate varie proposte.

Le misure devono essere ripetute più volte sulla stessa area, possibilmente scelta regolare e planare. Sono stati proposti anche differenti approcci al trattamento dei dati: da una semplice media su 6 misure [3], a una più complessa interpolazione di una curva presa su 10 misure [1,2]. Questo secondo, più complesso sistema, vuole ridurre le differenze che si possono talvolta riscontrare tra le prime misure, che vanno a distaccare granuli incoerenti legati alla variabilità delle superfici, e le misure successive, che vengono effettuate sulla superfice effettivamente consolidata.

La dimensione della striscia di nastro adesivo deve essere di almeno 3-4 cm2, e spesso sono state utilizzate strisce 2x5 cm.

Il nastro deve essere applicato esercitando sul retro una forza per quanto possibile costante, con i polpastrelli o con un oggetto liscio in plastica morbida, tipo una gomma da cancellare.

Una volta applicato il nastro si deve aspettare per circa 3 minuti, prima di procedere alla rimozione.

Le variabili apportate dall’operatore, come la forza con cui si preme sul nastro e le modalità di rimozione, rendono difficile una comparazione tra prove condotte da diversi laboratori; rimane comunque un test utile per comprendere il comportamento dei consolidanti applicati sullo stesso materiale e analizzati per comparazione.


 


Bibliografia

  1. Paolo Mora, Giorgio Torraca; “Fissativi per dipinti murali”. Bollettino dell’Istituto Centrale del Restauro, Roma, 1965, 109–132.
  2. Miloš Drdácký, J. Lesák, Silvia Rescic, Zuzana Slížková, Standardization of peeling tests for assessing the cohesion and consolidation characteristics of historic stone surfaces, Material Struct. 45, 2012, 505–520.
  3. Miloš Drdácký, Zuzana Slížková; In situ peeling tests for assessing the cohesion and consolidation characteristics of historic plaster and render surfaces, Studies in Conservation, 60:2, 2015, 121-130.
  4. Agnieszka Defus, Antonio Sansonetti , Elena Possenti , Cristina Tedeschi, Silvia Vettori , Marco Realini; The effectiveness of di-ammonium hydrogen phosphate (DAP) consolidation treatment on lime-based mortars weathered by freeze-thaw cycles” Journal of Cultural Heritage, 50, 2021, 1-12.
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