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56.2_ Chimica e ricerca: Tendente al verde

Se in uno di quei rari momenti di amore per se stessi si volessero dedicare una manciata di minuti a rivedere il proprio armamentario di solventi, oltre a gettar via proprio quella boccetta di butilammina che avevamo ereditato dal nostro vecchio mèntore, potremmo dare una rapida occhiata al sito dell’EPA che riporta un elenco di materiali utilizzabili in sicurezza. Safer Chemical Ingredients List | US EPA

L’EPA (Environmental Protection Agency)  è quell’agenzia del governo statunitense che si occupa di protezione ambientale, e indirettamente fornisce utili informazioni su quelli che sono i materiali considerati sicuri per la natura in toto, quindi anche per noi esseri umani. Da anni sostiene un raggruppamento di aziende che scelgono di inserire nei loro prodotti (principalmente detersivi e prodotti per la pulizia della casa), materiali che secondo EPA presentano minimi rischi per gli utilizzatori finali. EPA accorda a questi prodotti la “Safer Choice Label”, un’etichetta che permette ai consumatori di orientarsi verso questi prodotti più sicuri.

Analogamente nel vecchio continente si è mossa l’ECHA (European Chemicals Agency), non solo con le restrizioni nei confronti di sostanze note per i loro effetti tossici e/o cancerogeni, ma anche con una serie di documenti di indirizzo come quello del 2018: “Strategy to promote substitution to safer chemicals through innovation”.

La spinta sempre maggiore verso una “chimica verde” ha fatto sì che molti prodotti siano stati promossi con termini come “ecosostenibile”, “green” o “bio”, anche quando si trattava del solito materiale, rietichettato, o peggio, di prodotti contenenti sostanze tossiche o nocive.

Riteniamo necessario chiarire alcuni punti strettamente correlati al mondo del restauro, e a quello dei solventi in particolare; prendiamo spunto da una prima definizione tratta dal libro Greener Solvents in Conservation, che, partendo dal concetto che non esiste un solvente “assolutamente verde”[1], fornisce una definizione comparativa: un solvente sarà più verde rispetto ad un altro se sarà migliore sotto il profilo tossicologico, di sicurezza e di impatto ambientale. La prima cosa da notare è che non si fa riferimento alla provenienza da fonti rinnovabili, altro parametro entrato in uso parlando di sostenibilità.

La seconda è conseguente all’utilizzo di minime quantità di solventi nel nostro settore, che mai vengono sversati nei terreni o nei corsi d’acqua, e di conseguenza hanno un minimo impatto ambientale.

Basandoci su questo principio possiamo affermare che nel mondo della conservazione una prima svolta “green” ci fu già negli anni ’90, quando i metodi acquosi (enzimi, resin-soaps, etc.), proposti da Richard Wolbers e in Italia da Paolo Cremonesi, affiancarono l’utilizzo al tempo incontrastato dei solventi organici. Anche l’introduzione dei solventi a bassa tossicità doveva essere vista in quest’ottica e, come vedremo subito, su questo fronte i lavori sono in corso.

E’ facilmente intuibile come la problematica sia estremamente complessa, coinvolgendo non solo i dati relativi alla tossicità dei solventi, ma la loro biodegradabilità, l’energia necessaria alla loro produzione, l’eventuale possibilità di un riciclo, e perfino la loro efficienza (per esempio, in una pulitura dovremo utilizzare maggiori quantità di un solvente meno efficiente rispetto ad un solvente più efficiente).

Non potendo fare che un breve accenno sulle pagine del Bollettino CTS, ci limiteremo a descrivere le azioni già intraprese, e che avranno un seguito nei prossimi anni. Ogni azione avrà sempre alla base il principio primario della massima efficienza, che prevarrà comunque sulla sostenibilità.

 

Nuovi solventi
CTS ha progressivamente rinnovato il proprio listino, escludendo alcuni solventi tossici e introducendo alcune alternative, come il propilene carbonato, che per la sua bassa tossicità rientra tra i componenti di molti prodotti cosmetici, anche perché presenta l’indubbio vantaggio di essere inodore. Inoltre è stato classificato “VOC-free”, ossia un solvente che per la bassa attività fotochimica, bassa tossicità e alta biodegradabilità non rientra in quella categoria (VOC è l’acronimo di Volatile Organic Compound, o Composti Organici Volatili, COV), che è sottoposta a particolari restrizioni. Resta comunque un solvente di sintesi, che non ha origine da fonti rinnovabili, e di conseguenza non può aggiudicarsi a pieno titolo il nome “green”.

La ricerca dell’Ufficio Tecnico in questa direzione continua, e il 2023 vedrà l’arrivo di un nuovo solvente ad alta sostenibilità.

 

Materiali da fonti rinnovabili
Il mondo del restauro utilizza da sempre materiali organici da fonti rinnovabili, dalle colle animali alle resine naturali come dammar e mastice. Negli ultimi anni abbiamo puntato molto per le operazioni di pulitura sui gel a base di agar, come il Nevek, in alternativa ai gel di sintesi (che rimangono comunque insostituibili per certe operazioni), mentre per il consolidamento di carta e film pittorici sta prendendo piede il funori, ed il suo estratto purificato Funoran Solution, valida alternativa alle cellulose modificate come Klucel e Tylose.

 

Packaging
La problematica della riduzione dell’impatto ambientale degli imballi è stata affrontata in maniera decisa, ma dedicheremo a questo percorso un intero articolo del Bollettino CTS.

 

In conclusione, prosegue il percorso “tendente al verde” iniziato anni fa e ancora in pieno sviluppo. L’ottica è quella di migliorare progressivamente la sostenibilità, analizzando le criticità non solo dei prodotti, ma anche delle procedure che possono condizionarla. Vi terremo aggiornati!

 

BIBLIOGRAFIA:

"Greener Solvents in Conservation: An Introductory Guide"; Edited by Gwendoline R Fife, Archetype Books (2021). E’ disponibile anche online Greener solvents – Hand book - Sustainability in Conservation (siconserve.org)


[1] Neanche l’acqua, dato che per la sua purificazione è necessario un consumo di energia. A meno che non abbiate in laboratorio un raccoglitore di acqua piovana…..




Pubblicato in: Bollettino CTS
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