E’ da alcuni anni
che CTS, accanto ai classici stucchi per legno, propone uno stucco epossidico
bicomponente denominato Balsite, le cui caratteristiche fondamentali sono l’estrema
leggerezza, una certa elasticità, la bassa tenacità e la facile reversibilità.
Queste
caratteristiche sono strettamente collegate alla particolare struttura a
microsfere, ben evidenziate nella foto a fianco (realizzata nei laboratori
R&C Lab).
Due recenti studi
hanno preso in esame varie sue proprietà, con particolare attenzione alla
possibilità di fluidificarla, e quindi applicarla tramite iniezione.
Questo
accorgimento può risultare utilissimo per consolidare manufatti particolarmente
degradati a seguito di attacchi di insetti xilofagi o per effetto di attacchi
microbiologici. Infatti possono presentarsi talvolta casi estremi in cui gran
parte del supporto ligneo si presenta in condizioni di degrado tale da non
risultare più funzionale, fino a rendere necessaria la sua sostituzione con un
nuovo supporto. Per le tavole lignee si procede con un trasporto del colore,
intervento sempre rischioso e che richiede, oltre ad una grande capacità
operativa, anche un attento studio della nuova tavola su cui si effettua il
trasporto, dato che in passato tavole non perfettamente stagionate hanno
causato, con il loro movimento di assestamento, danni allo strato pittorico.
Nel primo studio,
sviluppato da Ciocchetti e Munzi per la loro tesi di diploma all’Istituto
Centrale del Restauro, e pubblicato sul n°15 del Bollettino ICR [1], si è posto
l’attenzione sull’uso della Balsite per uno scopo ben preciso: realizzare copie di manufatti artistici
colandola in stampi di resine siliconiche. Sono risultati evidenziati
alcuni punti di forza, come la capacità di adattarsi ai movimenti del legno in
condizioni di instabilità termoigrometrica, e la possibilità di poter
effettuare reintegrazioni delle superfici con acquerelli o colori a vernice,
previa leggera carteggiatura della superficie.
E’ stato anche
rilevato anche il difetto del materiale: la resina tende nel tempo a separare
dagli inerti, depositandosi sul fondo del barattolo, e questo fenomeno rende
necessaria una fase di “pre-miscelazione” per riomogenizzare le due fasi.
Nel secondo
studio [2] è stata messa a punto dalla restauratrice Michela Fasce una
metodologia applicativa della Balsite basata sull’utilizzo della tavola a bassa pressione, analogamente
alla procedura utilizzata per l’applicazione di consolidanti in soluzione:
avvolto l’oggetto in una bolla di materiale plastico, come un film poliestere,
viene applicato un sottovuoto rimuovendo così parzialmente l’aria dalle lacune
(nel nostro caso gallerie di xilofagi). Poi si procede all’iniezione del fluido
tramite siringhe, perforando quindi il film poliestere stesso.
Il consolidante
viene così “spinto” negli spazi vuoti, e la penetrazione è funzione di vari
parametri tra i quali la viscosità del fluido, la pressione esercitata e la
tipologia del materiale.
I risultati
confermano che la Balsite può essere utilizzata previa fluidificazione con
solventi. La pressione che si deve usare è in funzione dello spessore del
supporto; infatti si ottengono ottimi risultati con una pressione bassa in
manufatti sottili, mentre la pressione va aumentata per raggiungere le gallerie
più interne quando si hanno spessori importanti, avendo l'accortezza di
controllare sempre la pellicola al fine di non provocare uno sfondamento della
stessa. Si osserva come le parti trattate con le due pressioni differenti, pur
utilizzando la stessa miscela, con la stessa percentuale di solvente,
presentino una diversa disposizione della resina all'interno delle gallerie. Le
parti trattate con la pressione a 120 Pa mostrano tutte le gallerie occluse
fino alla base inferiore del campione, mentre quelle trattate a 60 Pa
presentano la Balsite solo nelle zone superiori.
Per quel che
riguarda i solventi si è notato che l'alcol etilico, evaporando molto
velocemente, può essere usato tranquillamente per spessori lignei sottili
(minori di 1 cm); questa è la procedura adottata per il consolidamento di una
tavola dipinta della fine dell'800, di spessore di circa 0,5 cm, che presentava
sfondamenti da gallerie di insetti xilofagi. La tavola è stata tenuta sotto un
leggero vuoto (pressione esercitata di 60 Pa), perché con una pressione
maggiore si rischiava lo schiacciamento della sottile tavola.
La Balsite occupa
completamente le gallerie. e nelle zone dove non risulta visibile, si nota a
livello tattile un riempimento e il colore non presenta più sfondamenti.
Per spessori
maggiori (dove per effetto del vuoto l'alcol etilico può separarsi dalla
miscela, portando ad un aumento di viscosità e conseguente blocco della
Balsite, che non riesce quindi a riempire totalmente la galleria), conviene invece
usare l'essenza di petrolio il cui minor tempo di evaporazione rispetto
all’alcool permette un miglior livello di penetrazione.
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Anche se la
Balsite presenta già una buona reversibilità,
questa può essere migliorata con l’applicazione di uno strato di interposizione
che riduca la penetrazione di parte del legante dello stucco all’interno della
fibra del legno. Infatti, connaturato al meccanismo dell’adesione è
l’imparentamento, più o meno profondo, tra il legante dello stucco ed il
substrato ligneo. Un’eccessiva penetrazione può rendere la stuccatura meno
reversibile, ed è per questo che si può ridurre l’adesione saturando la
porosità con un materiale reversibile, come il Paraloid B-72 o il Klucel G,
così da facilitare le operazioni di distacco dello stucco stesso.
Un prodotto di
questo tipo solitamente ha anche effetto consolidante, e questo fa sì che
l’area adiacente all’interfase risulti più resistente alle tensioni.
Per quanto
riguarda il campo della doratura a
guazzo, la superficie delle ricostruzioni risulta porosa, dopo una leggera carteggiatura,
e diviene così semplice ammannire con il gesso, il bolo, e infine dorare e
brunire con oro in foglia. Le stuccature così ottenute, inoltre, non sono
sensibili all’acqua.
Riportiamo tre
casi di utilizzo che riteniamo particolarmente interessanti:
Stuccatura di statue lignee
fessurate [3]_ L’intervento
è stato condotto dalla restauratrice Gigliola Patrizi su tre opere lignee del
XVII-XVIII secolo: una scultura con gruppo dell’Immacolata, in legno scolpito
dorato e dipinto, ed una coppia di colonne intagliate e dorate, provenienti dal
Sud-America, presumibilmente da area spagnola. Le sculture, molto degradate,
sono state consolidate sia a livello della pellicola pittorica
che del supporto sottostante con Regalrez
1126, sciolto al 10% in white spirit
(formulazione oggi disponibile con il 25% di Regalrez 1126, con il nome Rexil).
Per le stuccature
di maggiore entità e dove è stato necessario colmare una importante lacuna di
una delle due colonne è stata utilizzata la
Balsite, scelta proprio perché unisce una resistenza meccanica non
elevata ad una certa elasticità. Ciò consente l’adattamento alle tensioni che
possono crearsi nell’oggetto, evitando così la formazione di nuove
fessurazioni.
La Balsite è stata applicata sia tal quale
sia iniettandola nelle fessurazioni, dopo la sua fluidificazione con l’aggiunta
del 5% di alcool etilico.
Reintegrazione plastica di
una scultura lignea [4]_ Una complessa scultura
barocca presentava sulla parte inferiore un puttino che originariamente
mostrava indecorosamente le terga all’osservatore. Il fanciullo era stato
punito per il suo esibizionismo con la mutilazione della testa e degli arti, ed
il suo nascondimento sotto strati di colore e cartapesta, fino alla sua
trasformazione in nuvola. Ne era poi stata realizzata una copia, un po’ più
pudica, in cartapesta, che lo aveva affiancato.
L’intervento ha
portato alla rimozione del putto fasullo, della cartapesta e dei ritocchi riparatori.
Le parti mancanti sono state ricostruite in argilla sulla base della copia in
cartapesta. E’ stato poi effettuato un calco con gomma siliconica, ed il
positivo è stato realizzato in Balsite, proprio per le sue proprietà di presa
del dettaglio, leggerezza, facilità di integrazione pittorica.
Creazione di uno
strato di interposizione tra una struttura metallica ed una terracotta
policroma [5]_ Questo tipo di intervento si discosta da quelli descritti
finora, e sfrutta le proprietà elastiche del prodotto. Una statua in terracotta, rappresentante una Madonna con bambino,
proveniente dalla chiesa di San Francesco a Citerna (Arezzo), è stata
ricostruita a seguito dei gravi danni riportati in un terremoto.
Al
suo interno è stata inserita una struttura in acciaio inox, regolabile e
smontabile, che ha funzioni di raccordo e di sostegno. La parte superiore dello
scheletro in acciaio è stata inglobata in una forma di Balsite, su cui si appoggia la scultura. La forma è stata
ottenuta mediante un calco, realizzato in silicone, della parte superiore
interna del busto, che corrisponde alla zona fra la nuca e le spalle, in modo
da aderire perfettamente alla superficie. Questa specie di cuscino assolve la
funzione di sostegno per l’opera che, in questo modo, scarica tutto il suo peso
sul corpo centrale della struttura senza gravare né su un solo punto nella
nuca, né sulla superficie di contatto tra gambe e busto. Inoltre è stata
realizzata una forma di Balsite che colma un’ampia lacuna, e che è agganciata
alla struttura tramite un magnete. Questo inserto è quindi rimovibile senza
esercitare sforzi meccanici, e permette l’accesso allo scheletro interno.
Recentemente la
Balsite è stata utilizzata per l’integrazione delle lacune del Polittico di Palma il Vecchio di Peghera, restauro
effettuato all’Opificio delle Pietre Dure [6], sulle due tavole del “Trittico
di Benedetto Portinari”, di Hans Memling,
ora agli Uffizi [7], e del soffitto ligneo intagliato e policromo della Chiesa
di Santa Maria degli Angeli a
Caccamo (PA), del XV secolo [8]. Infine per il consolidamento e la
ricostruzione di piccoli frammenti di un crocifisso di Francesco da Sangallo [9].
Bibliografia:
- Ciocchetti C., Munzi C.; “La Balsite: un nuovo
materiale per il risanamento dei supporti lignei e per la realizzazione di
parti mancanti” Bollettino ICR n.15, Luglio Dicembre 2007.
- Fasce M., Borgioli L.;“Metodologia di iniezione di
stucchi in opere lignee policrome”,
Atti del Congresso “Lo stato
dell’arte 7”, Napoli, 8-10 Ottobre 2009
- Fasce M., Borgioli L.;“Metodologia di iniezione di
stucchi in opere lignee policrome”,
Atti del Congresso “Lo stato
dell’arte 7”, Napoli, 8-10 Ottobre 2009
- Patrizi M.G., Ridolfi S., Carocci I., Borgioli L.; “Tre sculture lignee dorate e policrome: indagini
diagnostiche non distruttive ed utilizzo di metodologie e prodotti innovativi a
minor impatto ambientale nel rispetto dell’opera, dell’operatore e
dell’ambiente”, Atti del Congresso “Lo stato dell’arte 7”,
Napoli, 8-10 Ottobre 2009.
- Cassiano A., Minerva B., Guarini I., Martignano G.; “Il San Giovanni
Evangelista del Monastero delle Benedettine di Lecce: un caso di reintegrazione
plastica di una scultura lignea policroma”, Atti del Congresso “Lo
stato dell’arte 7”, Napoli, 8-10 Ottobre 2009
- Shirin Afra “Una madonna con bambino dalla chiesa di
S.Francesco a Citerna” Tesi di diploma Opificio delle Pietre Dure, 2007
- Castelli C., Cianfanelli M., Ciatti M., Daffra E.,
Innocenti F., Lallai C., Lanterna G, Moioli P., Parri M., Ramat A., Santacesaria
A., Seccaroni G.; “Il restauro Polittico di Palma il Vecchio di Peghera”, OPD
Restauro 21 (2009).
- Buda R., Dori A., Dori L.; “Gli sportelli del Trittico di Benedetto Portinari”, Kermes
n°72, 2009
- Sebastianelli M., Palla F., Mancuso F.P., Rizzo G., Megna
B., Di Natale M.C.; “Un soffitto ligneo intagliato e miniato del XV sec. in
Sicilia. Studio ed indagini diagnostiche”, Atti del XX Congresso “Scienza e
Beni Culturali”, Bressanone, 2009
- Teodori B., Fulimeni A, Fioravanti M., Spampinato M.; “Il
Crocifisso di Francesco da Sangallo dell’Ospedale di Santa Maria Nuova a
Firenze”, Kermes 76, Ottobre-Dicembre 2009.
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