Quando nel 2005 fu inserita
nel listino CTS la resina epossidica Epo 155 si pensava che il suo uso avrebbe
avuto un campo molto limitato: incollaggi di materiali soggetti a forti
variazioni dimensionali (legate a variazioni di umidità relativa, come per il
legno), oppure per la giunzione di materiali dai coefficenti di dilatazione
termica molto diversi. Infatti, in questi casi, l’uso di una resina epossidica
classica, rigida, avrebbe potuto comportare uno stress all’interfaccia, con
conseguente danno se il materiale vincolato fosse risultato troppo debole. Il
classico esempio è l’incollaggio di un elemento metallico su una pietra
degradata, che alla lunga può presentare microfessurazioni o delaminazione
della zona di incollaggio.
In realtà, in questi anni
la Epo 155 ha mostrato altre interessanti possibilità di impiego, e vogliamo
qui descrivere uno studio comparativo nell’utilizzo come consolidante per il
legno, ed un esempio di utilizzo veramente insolito.
Ricordiamo che, come le
altre resine epossidiche reticolabili a freddo, Epo 155 è un prodotto
bicomponente, che deve essere miscelato con un indurente a base di ammine
alifatiche modificate. Le proprietà sono riassunte in tabella.
Aspetto della miscela EPO 155+K 156
Liquido
trasparente
Peso specifico a 25°
Kg/lt
1,1
Tempo
di lavorabilità a 25°C
30’
Resistenza alla trazione
(N/mm2)
>3,0
Resistenza alla flessione
(N/mm2) >3,5
Resistenza a compressione
(N/mm2) >5,0
Viscosità del sistema a
25°C (mPa.s)
120-240
Modulo di elasticità
(N/mm2)
1.800
Come si vede dal dato di
viscosità, la resina si presenta molto fluida, e questa sua proprietà ha fatto
sì che venisse presa in esame in alcuni recentissimi studi di Enriques et al [1,2], rivolti al consolidamento
di elementi architettonici lignei attaccati dai funghi.
Oltre a due classiche
resine come il Paraloid B-72 (acrilica) ed il Butvar B-98 (polivinilbutirrale),
sono state prese in esame quattro resine epossidiche a bassa viscosità, tra
cui, appunto, la Epo 155, che sono state applicate su provini di pino marittimo
degradato tramite esposizione ai funghi della carie cubica.
Vari intervalli di
esposizione all’azione dei funghi (4, 8 e 12 settimane) hanno comportato vari
livelli di degrado, misurabili tramite la determinazione della perdita di
massa, tra il 3 ed il 25%.
L’applicazione è stata
effettuata per immersione diretta nelle resine epossidiche, per 15’, mentre le
due resine termoplastiche sono state sciolte al 20% in acetone ed al 15% in una
miscela etanolo:toluene 40:60, rispettivamente.
Rimandiamo all’articolo
esteso per l’approfondimento, ma è interessante estrapolare la tabella relativa
all’incremento, rispetto al campione non trattato, della resistenza meccanica a compressione (per semplicità si riportano
solo i valori ottenuti ad un basso e ad un alto livello di degrado, 5% e 20% di
perdita di massa del provino).
Perdita epossidica
Epo 155 epossidica epossidica Paraloid
Butvar
di massa R Lw Li B-72 B-98
5
7.0
17.2 10.7
8.2
12.7
15.1
20
-3.8
38.5
29.6
15.4
26.6
36.6
Come si può vedere due
resine epossidiche danno risultati assolutamente negativi, forse per una
mancanza di penetrazione nelle fibre del legno, ed i risultati migliori sono
dati dalla Epo 155 e dal Butvar.
Ma il Butvar non è
assolutamente in grado di incrementare la resistenza della superficie, come si
evince dalla sottostante tabella, relativa al valore di incremento di resistenza superficiale.
Perdita epossidica
Epo 155 epossidica epossidica Paraloid
Butvar
di massa R Lw Li B-72 B-98
5
7.6
32.9
12.5
14.4
14.9
6.8
20
19.8
90.8
22.3
13.2
26.9
2.5
Gli autori sottolineano
come solo in alcuni casi esiste una relazione tra la quantità di resina
assorbita e le resistenze ottenute: per esempio il Paraloid B-72 viene
assorbito poco, ma gli incrementi si attestano attorno al 27% sia per la
compressione che per la superficie. Il Butvar viene assorbito in quantità
ancora più ridotta, ma dà un buon risultato solo per la compressione.
L’epossidica denominata R è quella che viene maggiormente assorbita, ma la sua
efficacia è scarsa.
In conclusione Epo 155 è il
prodotto che dà i migliori risultati, valutando tutti i parametri. Si propone
quindi come valida alternativa al Paraloid B-72, specialmente quando non sia
richiesta la reversibilità dell’intervento.
Vogliamo anche aggiungere
una nota sull’aspetto del legno trattato con queste tecniche, riallacciandoci
ad un recente lavoro di Genco et al. [3], dove vengono descritti prodotti
consolidanti similari (resine epossidiche e resine naturali/sintetiche
termoplastiche), seppur applicati su provini di diverse essenze lignee, pioppo
e noce, e diversamente degradati,
tramite cicli gelo/disgelo. Si registra un minimo effetto sul colore applicando
soluzioni di resine naturali e sintetiche, sia acriliche che alifatiche, ma il
livello di consolidamento è piuttosto basso, mentre le due resine epossidiche, Epo 155 e Templum Epo Top, causano forti alterazioni del colore, ma un
miglior livello di consolidamento, ottimo nel caso della Templum Epo Top.
Sarà quindi necessario effettuare una prima scelta
critica sull’opportunità di ottenere una variazione di colore, intesa come
rafforzamento del tono o “effetto
bagnato”, pur di raggiungere un forte aumento di
resistenza meccanica. Se questo parametro non è sostanziale nel caso del
recupero di un elemento strutturale quale una trave, risulta invece
discriminante nel caso di oggetti di interesse storico-artistico.
Il secondo caso che
riportiamo si riferisce all’utilizzo di Epo 155 come materiale di integrazione
per una statua in cartapesta, rivestita di pelle scamosciata dipinta
rappresentante un “Cristo morto”: la caratteristica principale dell’opera è
data dalla mobilità dei suoi arti. Infatti, per rendere l’oggetto più
verosimile ad un corpo vero, le spalle, i gomiti, i polsi, le ginocchia e le
caviglie sono snodabili. Per meglio imitare le oscillazioni del corpo umano
durante le processioni e la Crocifissione, anche il collo e il busto sono
snodabili. L’artista tentò felicemente di ricreare l’effetto teatrale della
testa reclinata verso il basso e del busto flesso in avanti, per simulare lo
stato di abbandono del Cristo sulla Croce. Dal momento che l’opera era stata
realizzata per la processione del Venerdì Santo, era necessario ridare
funzionalità alle giunture, inizialmente realizzate proprio in pelle
scamosciata, poi perduta a causa del degrado.
La lacuna è stata
compensata tramite la stesura di Epo 155, addensata con silice micronizzata per rendere spatolabile la resina
e colorata con ocra gialla chiara, il pigmento più idoneo per avvicinarsi al
tono della pelle scamosciata. Questa miscela è stata stesa su un ponte di tela,
incollato ai margini della lacuna con la stessa miscela epossidica.
Si è così ottenuta una possibilità di estensione
difficilmente raggiungibile con altri materiali, come si vede dalle due foto
sottostanti, ed infine il ritocco pittorico è stato realizzato con colori
acrilici per una migliore adesione al supporto e maggiore elasticità del colore.
Le resine epossidiche
mostrano ancora una volta le loro eccezionali proprietà, con il solo limite
della reversibilità, dato che si tratta di resine termoindurenti.
Non si dimentichi mai però
di considerare la possibilità di creare uno strato barriera (per esempio con
una resina termoplastica reversibile come il Paraloid), tra le aree da
incollare, o addirittura di incrementare l’effetto andando ad ostruire la
porosità dei materiali tramite applicazioni di ciclododecano.
Bibliografia
- Henriques
D.F, Nunes L., de Brito J.; “Test of
consolidation products for wood degraded by fungi” 3rd Meeting on
pathology and rehabilitation of buildings – PATORREB 2009, Porto, 467-472.
- Henriques D.F., Nunes L., de Brito J.; "Consolidation of Timber
Degraded by Fungi in Buildings: an Experimental Approach”
Atti del 18° CIB World Building Congress, Salford, UK (2010), 424-433.
- Genco G., Lo Monaco A., Pelosi C., Picchio R.,
Santamaria U.; “La valutazione sperimentale dei consolidanti per il legno”
Atti del XXV Convegno “Scienza e Beni Culturali” Conservare e restaurare
il legno, Bressanone, (2009), 475-484
- Panvini R., Nucera G.C., Gabbriellini C., Rossi F., Borgioli L.; “Il Cristo morto di Mazzarino. Un singolare
caso di applicazione di resine epossidiche su un’opera polimaterica”
Progetto Restauro n.45 (2008).
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