Nonostante la comparsa di resine
sintetiche ad alta stabilità o dalle particolari caratteristiche di
reversibilità, come le alifatiche, le urea-aldeide, o i poliossazoli, le resine
viniliche sono ancora molto utilizzate nel campo del restauro: non solo sono
state tra le prime resine sintetiche che hanno trovato applicazione come
adesivi, vernici o consolidanti, ma in alcuni campi mantengono tuttora il
primato.
Il loro punto di forza è il
potere adesivo, e non a caso il prodotto più famoso è sicuramente
il Beva 371, ma non dobbiamo dimenticare i Vinavil per l’incollaggio del legno
e l’alcool polivinilico usato come fissativo degli strati pittorici delle
pitture murali.
A questi vanno aggiunti altri vinilici "minori”, ma molto
validi: il K40 ed il K60 per l’incollaggio rapido di ceramiche, i Mowilith
usati sui tessuti, il Mowital B60HH come fissativo, gli altri componenti della
famiglia Beva (Gel, D-8-S e i due Film), ed infine il Peoval 33, un ottimo additivo per
le malte a base di calci idrauliche (Bollettino
CTS 25.3).
Uno dei timori nell’utilizzo di questa famiglia di
prodotti in presenza di strati pittorici, è la possibile interazione con i
pigmenti. Infatti sono note le proprietà coordinanti di alcuni cationi
metallici con gli ossidrili, presenti in abbondanza nell’alcool polivinilico,
ma anche, in misura minore, nel PVA, specie a seguito dell’invecchiamento.
Infatti, il gruppo acetato innestato sulle catene polimeriche tende, per
idrolisi, a staccarsi, dando da una parte acido acetico, dall’altra un
ossidrile.
Il legame di coordinazione tra gli ossidrili e i cationi
metallici dei pigmenti porta ad una riduzione della solubilità, e quindi ad un
rischio di irreversibilità.
Questo aspetto è stato l’oggetto della tesi di laurea magistrale
di Virgilio Vecchio, relatrice la Professoressa Antonella Salvini, svolta presso l’Università di
Firenze, Corso in Scienze e Materiali per la Conservazione e il Restauro, dal titolo
"L’influenza dei pigmenti sul comportamento di alcune resine viniliche
utilizzate nel restauro”.
Nello studio sono stati esaminati quattro composti
vinilici disponibili in commercio. Tre di questi sono stati scelti in funzione
della loro importanza nell'ambito del restauro dei beni storico - artistici: il
polivinibutirrale (PVB) Mowital 60HH, il polivinilalcol (PVOH) Mowiol 30-92 e
la pasta da rifodero BEVA 371 (costituita dalla miscela di più componenti di cui
i principali sono due copolimeri etilenvinilacetato EVA). Infine è stata scelta
una dispersione acquosa a base di etilenvinilacetato, che potrebbe unire il
vantaggio di un adesivo all’acqua, alla stabilità ormai nota delle resine EVA
più famose come il BEVA 371.
Sono state preparate delle
stesure di colore costituite ciascuna da un pigmento disperso in un
legante oppure dal solo legante, per stabilire se l'interazione di questi composti
con alcuni pigmenti potesse influire sulle loro caratteristiche chimiche ed
ottiche ed, in particolare, contribuire a ridurne la solubilità nei solventi in
cui essi risultano completamente solubili..
I leganti utilizzati sono quelli classici: colla di
coniglio, olio di lino, caseinato d’ammonio, gomma di ciliegio.
I pigmenti sono stati scelti tra quelli più diffusi nella
pittura antica e contenenti ioni metallici bi- e tri-valenti, e per questo
dalla diversa potenzialità come coordinanti.
L’invecchiamento è stato condotto per un periodo di 300
ore in Solar Box Xeno 3000, seguendo la norma UNI 10925, e tagliando gli ultravioletti sotto i 315 nm.
Le misure colorimetriche fatte su campioni invecchiati
artificialmente hanno evidenziato come l'esposizione alla luce in ambiente
interno non comporti variazioni di colore significative del rivestimento
vinilico dei campioni.
Le analisi in spettroscopia FTIR hanno mostrato che
l'invecchiamento artificiale non produce cambiamenti rilevanti nei campioni.
Infine, le analisi 1H-NMR quantitative per la
valutazione della variazione di solubilità dei composti vinilici non hanno
mostrato differenze nella solubilità dei campioni a seguito del ciclo di
invecchiamento artificiale. É stata, invece, verificata l'esistenza di
variazioni di solubilità nel PVOH e, in misura minore, nel PVB in funzione dei
pigmenti e dei leganti pittorici con cui essi sono venuti in contatto.
I valori più significativi delle variazioni di solubilità
del PVOH sono riportate nella tabella sottostante.
Legante
Pigmento
Solubilità % PVOH
Solubilità % PVB
Nessuno
Nessuno
100
100
Gomma di ciliegio Nessuno
49 79
Gesso 60 99
Robbia
71
Azzurrite
74
Colla di coniglio
Nessuno
69
91
Gesso
57
98
Robbia
65
Azzurrite
68
La gomma di ciliegio riduce particolarmente la solubilità
di PVOH (49%) e meno quella del PVB (79%), e questa riduzione è più importante
di quella dovuta all’azione dei pigmenti. Nei campioni preparati con colla di
coniglio la riduzione di solubilità dei due polimeri è più modesta (69 e 91%
rispettivamente), ma in presenza di gesso la solubilità per il PVOH scende al
57%, dato che indica l’azione
coordinante dello ione Ca2+.
Se in generale il PVB risulta più reversibile rispetto al
PVOH, con la dispersione acquosa EVA non si sono osservate riduzioni di
solubilità, e questo ci fa ben sperare per un suo utilizzo nel restauro.
Invece con la tecnica 1H-NMR non è stato
possibile confermare (se mai ce ne fosse bisogno!), la reversibilità della
"creatura” di Gustav Berger, a causa della sua complessa composizione.
Questi risultati sono particolarmente interessanti se
pensiamo all’invecchiamento piuttosto breve cui sono stati sottoposti i
campioni per le esigenze dei tempi della tesi, e che varrebbe la pena poter
analizzare i campioni tra qualche anno.
BibliografiaVecchio V; "L’influenza dei pigmenti sul comportamento
di alcune resine viniliche utilizzate nel restauro”, Tesi Magistrale,
Università di Firenze, Corso in Scienze e Materiali per la
Conservazione e il
Restauro, 2013
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