Lo chiamiamo tutti EDTA, e
per un buon motivo: il suo vero nome è acido etilendiammino tetracetico.
Lo utilizziamo come sale sodico (bi- o tetra), negli impacchi di pulitura, ma
il suo ruolo non è ben compreso: se si conoscessero tutte le potenzialità, lo
useremmo con maggiore parsimonia, ma magari molto più spesso.
È il complessante più
efficiente e contemporaneamente a basso costo che abbiamo a disposizione. Nutre
una particolare simpatia per il ferro, ossia forma con esso dei complessi
particolarmente stabili, ma non disdegna rame, mercurio, piombo, zinco e
alluminio. Proprio per questa proprietà viene impiegato in campo medico in caso
di intossicazione da metalli pesanti come mercurio e piombo.
Come per tutti gli altri
complessanti è possibile definire una reazione di equilibrio, dove Mn+è un generico metallo, con n uguale a 2 o a 3.
EDTA4- + Mn+ <----> EDTA-M (4-n)-
Lo spostamento della
reazione verso destra, ovvero verso la formazione del complesso EDTA-metallo, è regolato da una costante K; più è
alta, più la reazione è spostata verso destra. Nella tabella si riportano i
valori di K solo per i metalli incontrati più frequentemente nella pratica del
restauro, tralasciandone molti altri, dal vanadio al rutenio, dal berillio al
tallio.
La figura a destra mostra invece la struttura esacoordinata tra un metallo (M) e l’EDTA.
Dando un’occhiata alla
tabella delle costanti di formazione dei complessi metallo-EDTA, non ci
rendiamo bene conto di quanto il complesso ferro-EDTA sia stabile, dato che non
siamo abituati a pensare in termini logaritmici. Ma che logK sia 25 (circa)
vuol dire che la costante è 1025, ossia in altre parole, per ogni
molecola di EDTA "libero” e ogni catione Fe3+ libero in soluzione,
ce ne sono 1025 accoppiati, ossia circa
10.000.000.000.000.000.000.000.000!
Per questo motivo l’EDTA è
così efficiente nella rimozione della ruggine, o di macchie di ossido di ferro
da qualsiasi superficie. Ma, sempre pensando in scala logaritmica, possiamo
notare anche la sua efficienza sul rame e quindi sulle macchie di verderame e
sui prodotti di ossidazione del bronzo o altre leghe di rame.
L’altra importante
osservazione da fare è che i metalli monovalenti (sodio e potassio), vengono
complessati pochissimo, mentre una certa
azione la si ha su un bivalente come il calcio (Ca2+).
Quindi l’EDTA
può attaccare il carbonato di calcio, disgregandolo.
Questo vuol dire che, se da
un lato l’EDTA è utile per la rimozione di croste e patine carbonatiche, può
risultare aggressivo sui materiali originali (intonaci, marmi, o addirittura i
pigmenti), se non viene opportunamente controllato, ad esempio gelificandolo.
In questi casi è
preferibile orientarsi su complessanti meno aggressivi come il sodio
esametafosfato o i Sali di Rochelle.
Un altro fattore poco
considerato, ma che può essere di grande utilità nel nostro campo, è quello del
pH. A bassi pH (condizioni acide), ossia quando molti protoni H+sono presenti in soluzione, si svolge una competizione tra i cationi del
metallo e gli stessi H+, ovvero l’EDTA risulta parzialmente
protonato. Questo vuol dire che a bassi pH il processo di complessazione sarà
più difficile. E’ allora possibile
determinare il pH minimo al quale la grande maggioranza di cationi di un dato
metallo vengono complessati in maniera quantitativa. Esistono delle curve, di
non facile lettura, che descrivono questa relazione.
Da un punto di vista
applicativo possiamo però trarre un’informazione utilissima:
a pH neutro o alcalino Ca2+viene complessato completamente, ma non a pH acido.
E’ quindi da evitare
l’utilizzo dell’EDTA tetrasodico che ha
un pH 11.3.
Invece l’EDTA bisodico ha un pH 4.5, e a questo pH il calcio è
poco interessato dal fenomeno di complessazione, che coinvolge essenzialmente altri
metalli come il ferro o il rame. Naturalmente, in presenza di supporti carbonatici
sarebbe opportuno portare il pH tra 5 e 6, per evitare un attacco nei confronti
dello ione carbonato.
Al termine di queste considerazioni sorge spontanea
una domanda: perché si è sempre utilizzato l’EDTA
bisodico per
complessare il calcio (per esempio per rimuovere le croste nere), se è meno
efficiente del tetrasodico? Non dimentichiamo che nelle varie formulazioni
(come la famosa AB57), all’EDTA bisodico viene associato il carbonato
d’ammonio, quindi una sostanza basica che porta il pH sopra a 10,
sicuramente
una zona ottimale per la complessazione del calcio.
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