Definire il
Nano Estel un “nuovo prodotto” è un po’ una forzatura, dato che è stato
inserito nel nostro catalogo nel 2011. E’ però cosa nota che il settore del restauro,
relativamente all’introduzione delle novità, è piuttosto “conservatore”
(perdonateci il gioco di parole….).
D’altro canto questo è anche corretto,
sia perché nel corso degli anni ci siamo accorti che alcune novità non
mantenevano ciò che promettevano, sia perché il valore del bene culturale
sottoposto al trattamento è tale che non consente sperimentazioni, ed è giusto
affidarsi a prodotti che abbiano già superato con successo il più ampio numero
di test.
Per questo ci siamo ripromessi un
aggiornamento periodico su uno dei prodotti a nostro giudizio più interessanti, il Nano Estel, e per due
importanti ragioni:
-
come
consolidante che basa la sua azione sulla formazione di silice si tratta di un
prodotto irreversibile, analogo in questo al silicato d’etile;
- negli ultimi
anni il mercato è stato invaso da decine di nano-prodotti, che sfruttano
la terminologia per millantare un’efficacia supportata solo a parole, senza
però nessun sostegno di studi scientifici.
Per questo
motivo riprendiamo il Bollettino CTS n°29.1 (Nano Estel: prime risultanze
sperimentali), ed ampliamo le informazioni tramite i più recenti studi,
stavolta svolti da ricercatori portoghesi.
1_ Determinazione della velocità di
asciugatura
Uno studio di Musacchi e Diaz Gonçalves [1] ha messo
a confronto due sistemi consolidanti a base di nanoparticelle (nanocalce Calosil
E25 e nanosilice Nano Estel), applicati su tre diverse pietre, con lo scopo di
verificare l’eventuale variazione della velocità d’asciugatura.
Com’è noto, alcuni trattamenti rendono più
difficoltoso questo processo, con il risultato che l’acqua permane più a lungo
all’interno della pietra trattata, con conseguenze negative sia cromatiche
(scurimenti), sia di attacco microbiologico.
Lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto
Drymass (ref. PTDC/ECM/100553/2008), ed era mirato a chiarire altri risultati ottenuti
all’interno dello stesso progetto [2], secondo cui un aumento della cinetica di asciugatura era ottenibile
tramite l’applicazione di uno strato di calce. Inoltre altri autori avevano
riscontrato lo stesso incremento dell’asciugatura a seguito dell’applicazione
di nanocalci (Nanorestore e Calosil).
I substrati testati erano
una malta a base calce (con porosità capillare del 20.8%), una pietra
carbonatica (Ançã, dal Portogallo,
porosità del 22.9%), ed una arenaria (Bentheimer, dalla Germania, porosità del
17.7%).
Nella foto (1) i provini al
momento della stagionatura.
La curva di asciugatura è
stata determinata secondo la norma RILEM 1980.
I due prodotti risultano
essere ininfluenti nei riguardi della velocità di asciugatura, e questo
nonostante gli autori abbiano compiuto un errore di valutazione iniziale,
considerando il Nano Estel un prodotto pronto all’uso. In realtà, come
riportato sulla scheda tecnica, si deve valutare la diluizione del prodotto, il
cui uso tal quale deve essere limitato solo a substrati estremamente degradati
ed assorbenti.
Possiamo concludere che il
Nano Estel non presenta nessuna controindicazione sotto questo profilo, nemmeno
in caso di trattamento eccessivo.
2_ Confronto tra nanosilici e
silicato d’etile modificato
Nel caso particolare della ricerca che andiamo a
descrivere, di Borsoi, Veiga e Santos Silva [3], le proprietà delle nanosilici
sono state confrontate anche con quelle del silicato d’etile (TEOS), modificato
tramite miscelazione con nanocalci.
In questo caso i substrati sono stati dei provini di
malte poveri in legante (legante:inerte 1:4), concepiti in modo da simulare una
malta degradata e porosa. Sono state quindi preparate tre serie di provini:
- Non trattati (NT) -
Trattati con una
miscela di nanocalci (Nanorestore, 95%) e TEOS (Estel 1000, 5%), con un residuo
secco finale di 24 g/lt (NLSE).
- Trattati con nanosilici (Nano Estel diluito in acqua 1:8) , con un
residuo secco finale di 57 g/lt (NS).
I prodotti sono stati dati a spruzzo in 10 successive
applicazioni, lasciando il tempo al prodotto di essere assorbito, tra un’applicazione
e l'altra, e lasciati poi stagionare per 90 giorni prima di essere sottoposti
ad una serie di misure di seguito descritte.
Dalle misure di resistenza meccanica si vede come
entrambi i trattamenti ne incrementano i valori, anche notevolmente, e di come
la durezza superficiale registra anche in questo caso un aumento, ma non
eccessivo; è questo un risultato positivo in quanto un eccesso di durezza
superficiale sarebbe indice di un accumulo dei consolidanti negli strati più
esterni e quindi di una non ottimale distribuzione all’interno dei provini.
Trattamento
Resistenza a flessione (N/mm2)
Resistenza a compressione (N/mm2)
Durezza superficiale (Shore A)
NT
0,28 ±0,03
0,43 ±0,02
73
NLSE 0,38 ±0,04
0,66 ±0,04
79 (+8%)
NS
0,43 ±0,05
0,73 ±0,04
82,5 (+13%)
Anche se i prodotti presi in esame non sono degli
idrorepellenti, ma solo dei consolidanti, sono state determinate le velocità di
assorbimento d’acqua tramite il tubo Karsten, ottenendo i seguenti valori:
Trattamento
Velocità di assorbimento, in secondi, e
deviazione standard
NT
36,50 ±4,92
NLSE
40,16 ±7,43
NS
62,33 ±13,04
Com’è noto, il silicato d’etile perde dopo alcune
settimane il suo effetto idrorepellente, e quindi, essendo passati 90 giorni
dall’applicazione, il valore per i provini della serie NLSE è quasi tornato ai
livelli iniziali. Può esserci stata semplicemente una parziale riduzione del
volume dei pori, ed altrettanto si è verificato nel caso della nanosilice,
altro prodotto che non possiede un intrinseco effetto idrofobo.
Un'altra risultanza che ci sembra interessante è che
la miscela NLSE sembra aver aderito perfettamente al materiale carbonatico,
come se la nanocalce avesse funzionato da promotore di adesione, con la
formazione finale di silicati di calcio. Ad una analisi SEM-EDS, anche la
silice che si forma assume un aspetto diverso, non più a placche ma a
filamenti, segno dello sviluppo lineare dei tetraedri di silice.
In conclusione, entrambi i prodotti hanno mostrato un
effetto consolidante, e la principale problematica sembra essere quella
relativa ad un eccesso di prodotto rimasto in superficie, che nel caso del
sistema NLSE porta ad uno sbiancamento mentre, nel caso della nanosilice ad un
effetto lucido. Anche se entrambi gli effetto cromatici non sono percepibili ad
occhio nudo, sono comunque un indice di un non completo assorbimento. Dobbiamo
anche aggiungere che i ricercatori hanno avuto forse “la mano pesante”, in quanto
10 nebulizzazioni, per quanto di prodotti diluiti, ci sembrano un po’
eccessive, e forse un restauratore nel team avrebbe limitato gli effetti
negativi, magari tamponando le superfici al termine dell’applicazione, per
rimuovere l’eccesso di entrambi i prodotti.
Pur con tutti i limiti di penetrazione evidenziati in
precedenza, viene comunque confermata da questi ultimi studi la validità del
Nano Estel, che si presenta compatibile con tutti i substrati esaminati.
Il punto cruciale è quindi applicativo, e sarà quindi
sempre necessaria un’estrema attenzione, com’è stato sempre sottolineato nel
caso di applicazione di consolidanti, proprio per evitare quegli accumuli
superficiali che nel tempo potrebbero rappresentare un problema conservativo.
Bibliografia
1.
J. Musacchi, T. Diaz Gonçalves; ”Influence of nano-lime and
nano-silica consolidants in the drying kinetics of three porous building
materials” Relatório 168/2014.
2.
V. Brito, T. Diaz Gonçalves; “Artisanal lime coatings
and their influence on moisture transport during drying. 3rd Historic Mortars
Conference, 11-14 September, Glasgow, Scotland, 2013.
3.
G. Borsoi, R. Veiga, A. Santos Silva; “Effect of nanostructured lime-based and silica-based products on the
consolidation of historical renders”, 3rd Historic Mortars Conference 11-14 September 2013,
Glasgow, Scotland.
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