Ciclometiconi: ma di che stiamo parlando?
La pulitura di strati pittorici
“difficili” come gli acrilici si pone come una complessa sfida: non solo siamo
in presenza di un’elevata sensibilità ai solventi a media ed alta polarità, ma
dobbiamo aggiungere pure una forte interazione con l’acqua, che è stata utilizzata
spesso senza considerare gli effetti di leaching nei confronti dei
tensioattivi presenti nella composizione degli strati pittorici.
Purtroppo i sistemi acquosi sono
anche molto efficienti nella rimozione del particellato che si deposita sugli
acrilici, ed è proprio questa la questione: come pulire con mezzi acquosi un
materiale troppo sensibile non solo all’acqua, ma anche ai solventi?
Il dilemma ha scatenato la
fantasia di uno dei chimici statunitensi più sensibili a questo tipo di
problematiche, Richard Wolbers, che ha tirato fuori dal cilindro materiali
finora sconosciuti come i ciclometiconi. In un primo workshop tenutosi
al Getty Conservation Institute di Los Angeles nel 2009, e in quello successivo
al MoMA di New York nel 2011, è stata illustrata la chimica di questi
particolari fluidi, e le loro potenzialità nel settore del restauro.
Due presentazioni al VII Congresso
“Colore e Conservazione”, tenutosi al Politecnico di Milano lo scorso ottobre,
hanno ulteriormente stimolato l’interesse dei molti intervenuti: Lagalante e
Wolbers hanno portato la loro esperienza con alcune di queste sostanze, proprio
nella pulitura degli acrilici, mentre Stavroudis ne ha descritto varie tecniche
di utilizzo [1].
Come ben sappiamo, niente viene
studiato per il settore restauro, ma altri settori ben più ricchi, come quello
dei cosmetici, sono una interessante fonte di idee. Il principale vantaggio
offerto dalla cosmesi è che i prodotti, dovendo essere applicati sul corpo
umano, vengono sottoposti a approfondite valutazioni sulla loro tossicità: gli
elevati costi di questi studi clinici vengono compensati dagli enormi ritorni
economici.
Forse non tutti sanno che
l’addensante per solventi più utilizzato nel restauro, il Carbopol, è nato e
viene utilizzato (a tonnellate!) per realizzare gel per capelli, shampoo,
balsami e saponi in gel.
Ma una grande innovazione
dell’ultimo ventennio è quella dei solventi siliconici e dei loro gel:
materiali a bassissima polarità, che non interferiscono con i tessuti umani ma
possono funzionare come trasportatori (carriers) di principi attivi.
Questi solventi non sono
chimicamente diversi da un’altra classe di sostanze già nota e utilizzatissima
nel restauro: i silossani. Con questo termine intendiamo però dei
polimeri costituiti da decine o centinaia di monomeri, con pesi molecolari di
molte migliaia di uma, non volatili e fortemente idrofobici, utilizzati come
protettivi permanenti per i materiali lapidei.
Qui parleremo invece di fluidi
con pesi molecolari compresi tra 200 e 400 uma, e che evaporano completamente
dalle superfici trattate, e dei loro gel.
La geniale ispirazione di
Wolbers sta nel considerare la capacità di trasporto di questi gel a base
siliconica anche per mettere in contatto lo strato acrilico ipersensibile con
micro gocce di soluzioni acquose, che possono quindi pulire, ma non diffondere
all’interno, né tantomeno estrarre i tensioattivi costitutivi del film
pittorico.
Questi materiali vengono presentati
nell’ultimo testo a cura di Paolo Cremonesi, edito dal Il Prato ed intitolato “Proprietà
ed esempi di utilizzo di materiali siliconici nel restauro di manufatti
artistici”. Il volume raccoglie le esperienze di vari restauratori che
hanno partecipato ai corsi di aggiornamento, giunti ormai al 3° anno,
organizzati da Cremonesi e Wolbers e dal titolo “Solvent-Surfactant Gels ed
Emulsioni”.
Con il
termine ciclometiconi s’intende un particolare gruppo di molecole,
sempre facenti parte dei siliconi, in cui lo scheletro costituito dalla
successione di atomi di silicio e ossigeno forma un anello. In commercio
troviamo il composto con 4 atomi di silicio (su cui si legano 2 gruppi metile,
-CH3), e 4 di ossigeno, denominato D4 (preferendo questa sigla al
suo nome esteso, octametilciclotetrasilossano), raffigurato qui sotto. Nei corsi Wolbers-Cremonesi
viene però proposto il termine immediatamente superiore, con 5 gruppi Si-O,
denominato D5, che ha una minore volatilità e più elevato punto di ebollizione
(210°C
contro i 175°C del
D4). La più importante differenza tra i due solventi è però la dichiarata
assenza di rischio, secondo il Regolamento CPL, del D5, mentre il D4 riporta la
frase H361 “sospettato di nuocere alla fertilità o al feto”, oltre ad essere infiammabile.
Ecco spiegata la forte preferenza per il D5, nonostante la sua lenta
evaporazione e conseguente maggior persistenza all’interno degli strati
pittorici.
Altro prodotto presentato nei
corsi di aggiornamento, e ben descritto nel testo, è il Velvesil Plus,
un gel basato su un silossano reticolato, e contente il D5 come solvente. Anche
questo gel è un materiale estremamente apolare, non tossico, e può essere
miscelato con piccole quantità di acqua o di solventi, che si legano a certe
aree polari del polimero reticolato, aumentando così la complessiva polarità
del gel.
Se la quantità di acqua o di
solventi supera certi valori, tipici per ogni liquido (per esempio per l’acqua
è il 10%), si ha la formazione di una emulsione, con la formazione di goccioline
del liquido disperso all’interno del gel, che è la fase disperdente.
Questi gel possono essere usati
per pulire manufatti sensibili all’acqua o ai vari solventi, minimizzando
l’interazione alla sola superficie, e poi si procede ad una loro rimozione a
secco. Infine si conclude con l’applicazione del solvente D5 per completare la
rimozione del gel.
Il testo prosegue con una serie
di esempi applicativi, sia del D5 che del Velvesil Plus, come
l’idrofobizzazione di una tela prima dell’asportazione con gel acquoso della
colla pasta di foderatura invecchiata, o la rimozione dei residui di
cera-resina dalla tela foderata con questo materiale, utilizzando il Velvesil
Plus additivato con il 30% di una miscela cicloesano/etilacetato.
La casistica applicativa è ampliata
anche nei confronti di manufatti diversi dai dipinti: opere comunque sensibili
all’acqua come quelle su carta o su gesso.
Si sta aprendo insomma un nuovo
orizzonte nel vasto panorama delle puliture, che costringerà ad un ulteriore
sforzo mentale, ma forse permetterà di superare certi limiti, e di lavorare in
maggior sicurezza, sia per le opere che per gli operatori.
Bibliografia
- Anthony LAGALANTE, Richard WOLBERS; “The Cleaning of
Acrylic Paintings: New Particle-based water-in-oil Emulsifiers” e Chris
STAVROUDIS; "Silicone-Based Solvents in Conservation. As free
solvents and components of gel systems and
microemulsions", Atti del VII Congresso Internazionale Colore e
Conservazione “DALL’OLIO ALL’ACRILICO, DALL’IMPRESSIONISMO ALL’ARTE
CONTEMPORANEA. Studi, ricerche, indagini scientifiche ed interventi
conservativi”, Milano, 13-14 Novembre 2015.
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