Avevamo
affrontato, nel Bollettino CTS 19.3 del 2009, le problematiche relative alla
protezione degli argenti. Come è noto, il tallone di Achille di questo metallo
è la sua reattività in presenza di solfuro di idrogeno (H2S), che dà
luogo alla caratteristica patina nera denominata anche tarnishing. Questo fenomeno si manifesta sempre, dato che i solfuri
sono inquinanti presenti in tutti gli ambienti, anche se in basse
concentrazioni, e si può anche osservare su oggetti in argento rimasti in
ambiente marino, grazie all’azione di batteri solfo-riducenti.
La complessa reazione di ossidazione, a cui partecipano i gas contenenti zolfo insieme all’ossigeno e
all’umidità, che porta alla formazione del solfuro di
argento nero, può essere schematizzata così:
2Ag + H2S → Ag2S
+ H2
Le
patine riscontrate su oggetti in argento sono quasi tutte passivanti e vengono
asportate principalmente per motivi estetici, per ritrovare tracce di
lavorazione superficiale o decorazioni.
La
pulitura meccanica dell’argento è un’operazione delicata poiché sulla
superficie di questo metallo risulta particolarmente facile indurre
modificazione superficiali indesiderate, e va fatta solo se non è possibile
intervenire con altri mezzi o per asportare patine molto spesse. Vengono
comunemente utilizzati come leggeri abrasivi dispersioni di bicarbonato di
sodio o di carbonato di calcio in acqua, lavorate delicatamente a tampone e/o
pennello, oppure materiali morbidi come le gomme: queste problematiche sono
state affrontate da Giulia Basilissi nel corso della sua tesi di diploma
all’Opificio delle Pietre Dure, presentata anche al Congresso IGIIC dell’Aquila
assieme al chimico Andrea Cagnini, e descritta in un articolo pubblicato poi su
OPD Restauro [1,2].
Gli
oggetti su cui sono stati testati i vari trattamenti erano tre manufatti in
lega di rame ageminati, di produzione islamica: un candeliere, un astuccio e
una coppa. La tecnica dell’agemina (dal latino ad gemina metalla, a
doppi metalli), consiste nell’inserire un metallo mediante martellatura (ad
esempio argento, oppure oro o rame) nelle scanalature di un secondo (nel nostro
caso una lega di rame). Una tecnica simile è quella del niello, dove nelle
scanalature viene stesa una miscela di solfuri di diversi metalli sotto forma
di polvere di colore nero (da cui “niello”), che viene portata a fusione e in
tal modo aderisce al metallo di fondo, spesso argento.
È
evidente che per la finezza degli intarsi la pulitura di questi manufatti
richiede una cura particolare.
FOTO sotto riportata: L'astuccio portapenne risalente al XIII secolo.
La
prima parte della tesi verteva proprio su un confronto tra i metodi meccanici
di pulitura, e le classiche soluzioni di agenti chelanti, Sali di Rochelle e
EDTA, che ha indirizzato la scelta su una gomma-matita (Perfection 7057 a punta
rosa della Faber-Castell).
La
seconda parte della tesi affrontava invece la problematica della protezione
degli argenti, una volta rimossa la patina di solfuro. Sono stati comparati
vari prodotti tradizionalmente utilizzati: la vernice nitrocellulosica Zapon della
Lechler, il protettivo Incral 44 della C.T.S. e alcune cere microcristalline.
Inoltre sono stati valutati anche due trattamenti bistrato (Zapon + cera e
Incral 44 + cera), che dalla letteratura inerente la protezione dei bronzi risultano
i più efficaci.
I
protettivi sono stati applicati su provini d’argento, sottoposti successivamente
a cicli di solfurazione, e si sono determinati i valori colorimetrici e di
gloss (brillantezza).
Una
scarsa protezione è associata ad una rapida formazione del nero solfuro d’argento (Ag2S),
con il conseguente scurimento della superficie, misurabile dalle letture
colorimetriche. Al contrario una buona protezione dà minime variazioni di
colore.
Tra
i trattamenti singoli quello che ha dato meno variazione di colore è stato
quello con il solo Incral 44, mentre le cere, alla concentrazione testata, non
hanno fornito una buona protezione, e la Zapon a livello intermedio, come si
vede dalla tabella riassuntiva. Tra i trattamenti bistrato, il migliore è
risultato quello con Incral 44 più cera microcristallina, che è stato infatti
quello adottato per la protezione degli argenti ageminati.
Trattamento
N° di strati
ΔE dopo 4 step di solfurazione
Zapon al 70% in diluente nitro o diluenti alternativi a bassa
tossicità
1
15,11-21,39
Incral 44 tal quale
1
6,32
Incral 44 al 70% in butile acetato
1
8,80
Cera microcristallina R21 al 2% in cicloesano
1
38,66
Cera Reinassance
1
44,26
Zapon + cera microcristallina R21
2
6,09
Incral 44 + cera microcristallina R2
2
2,37
In conclusione, anche se per gli argenti non è una pratica di routine, tuttavia il trattamento protettivo
con Incral 44 e cera microcristallina può aiutare efficacemente a rallentare la
ricomparsa della patina nera di solfuro. La durata di questo trattamento viene
incrementata mantenendo gli oggetti in ambiente protetto (esente da solfuri e
con UR <40%).
Bibliografia
1. Giulia Basilissi, Annalena Brini, Andrea Cagnini, Cinzia Ortolani; “ll restauro di tre manufatti islamici ageminati come caso studio.
Metodologie di pulitura e protezione dell'argento: introduzione di una tecnica
dry con gomme e considerazioni sui formulati protettivi”. OPD
Restauro n. 28 (2016)
2. Giulia Basilissi, Andrea Cagnini; “Ricerca e
sperimentazione di nuove metodologie di pulitura dell’argento e messa a punto
di idonei formulati protettivi”, Atti del XIV Congresso Nazionale IGIIC – Lo
Stato dell’Arte, L’Aquila 20/22 ottobre 2016.
-