Non è
per niente una domanda banale. Anzi.Una
risposta netta sarebbe utilissima per redigere un protocollo di manutenzione e
poter intervenire prima che la protezione sia del tutto persa e quindi il
monumento sia soggetto nuovamente a tutte le patologie legate alla penetrazione
dell’acqua: sviluppo di microrganismi, corrosione degli elementi metallici
presenti nella struttura, dissoluzione della matrice carbonatica, ma
soprattutto il movimento dei Sali, e poi, a seguito dell’asciugatura, la loro
cristallizzazione.
I
In
un articolo di alcuni anni fa (35.1 – Un
protettivo irreprensibile: Silo 111 – Link: https://www.ctseurope.com/dettaglio-news.php?id=174), fu
preso in esame il Silo 111, un
polidimetilsilossano oligomero reattivo veicolato in white spirit, e
appartenente ad una famiglia, quella dei silossani, che attualmente
rappresentano la quasi totalità degli idrorepellenti presenti sul mercato.
Vedere Esempio di poli-metil-silossano oligomero reattivo (Immagine 1),
corrispondente al Silo 111. I gruppi terminali -OCH2CH3
sono detti etossi, sono reattivi e permettono l’aggancio del Silo 111
alla pietra.
Il
Silo 111, a differenza dei polimetilsilossani ad alto peso molecolare, che non
sono capaci di penetrare nei pori della pietra e impartiscono idrorepellenza
dopo la semplice evaporazione del solvente, sviluppa la sua azione protettiva
in due step:
1. Evaporazione
del solvente (componente necessario per far penetrare a fondo il prodotto)
2. Reazione
di aggancio dei gruppi terminali etossi alla pietra, con eliminazione di
piccole quantità di alcool etilico.
Per questo processo l’idrorepellenza non
può essere valutata dopo 24 ore dall’applicazione, ma è necessario attendere
alcuni giorni, ed aumenta ulteriormente nelle settimane successive, a
completamento della reazione. Il risultato è una penetrazione profonda, il
prodotto si fissa all’interno dei pori, e questo porta ad una maggiore
stabilità del prodotto all’invecchiamento, a differenza del cosiddetto “effetto perlante”, molto scenografico
ma meno duraturo.
I silossani presentano molti punti di
forza (elevata idrorepellenza,
alterazione della permeabilità e del colore accettabili, stabilità all’irraggiamento e agli agenti metereologici) e alcuni
limiti, come la scarsa durabilità in presenza di anidride solforosa
presente in ambienti fortemente inquinati. Assieme a varie ricerche sulla
stabilità in laboratorio di questa classe di protettivi, si descriveva
uno dei rari casi di uno studio su casi reali [1], condotto a distanza
di anni sulle chiese barocche di Lecce, le cui superfici erano state
trattate con silicati d’etile come consolidanti e silossani come protettivi, e
dove si descriveva la progressiva diminuzione dell’effetto idrorepellente. Come
riportavano gli autori “gli
idrorepellenti applicati da più di dieci anni sono ancora capaci di ridurre l’assorbimento d’acqua da parte
delle superfici trattate”.
È
evidente che l’assorbimento d’acqua – anche assumendo che si riesca a portare a
zero nell’immediato - è un valore che cambia progressivamente nel tempo, e che
è soggetto a moltissime variabili, come:
- il tipo di pietra;
- la quantità di prodotto applicato;
- il tipo di prodotto applicato;
- i parametri ambientali (forza del vento,
intensità delle radiazioni solari,…);
- la presenza di sali (maggiore è il degrado
riscontrato nelle aree costiere rispetto a quelle dell’entroterra)
Riguardo
quest’ultimo parametro è notorio il devastante effetto degli invecchiamenti
accelerati condotti con nebbia salina.
Risulta
quindi impossibile determinare anche l’andamento della perdita di efficacia: si
è soliti dire che i protettivi silossanici durano dai 3 ai 5 anni, ma il loro
effetto - in particolari condizioni - può rimanere a buoni livelli anche oltre
i 10 anni.
Data
la scarsità dei monitoraggi effettuati in situ a distanza di anni dai
trattamenti, risulta prezioso il contributo dell’Arch. Mila Martelli, che nella
sua tesi di dottorato ha descritto il comportamento nel tempo di due protettivi
applicati su varie tipologie di lapidei. Il complesso monumentale della
Cattedrale di San Zeno e del Battistero di Pistoia presenta il vantaggio di
interventi di restauro ben documentati che vanno dal 2000 al 2018, e che hanno
interessato tre diversi litotipi, e in particolare:
- marmi bianchi, su cui è stato applicato il
Silo 111 (2000, 2014, 2017)
- arenarie (pietra serena), protette con
elastomero fluorurato
[1] nel 2000, con Silo 111 nel 2002, infine con Fluoline HY nel 2014 e nel 2017- serpentini, protetti con Fluoline HY (2000, 2014, 2017)
Sulle
superfici trattate sono state effettuate misure di assorbimento capillare
(Norma UNI EN 11432:2011), analisi FTIR e identificazione delle patine.
Lo
studio, pur mettendo in chiaro fin dall’inizio che non vuole esprimere “un giudizio di merito sulla bontà di un
trattamento rispetto ad un altro”, ci fornisce delle interessanti
informazioni, che potranno essere messe a confronto con altri dati raccolti
altrove relativamente alla durabilità dei protettivi.
Nella
tabella sottostante si raccolgono i dati di assorbimento capillare (mg/cm2
al minuto), misurati nel 2018, quindi dopo circa 18 anni dai primi
trattamenti, e 1 anno dopo gli ultimi.
Anno
del trattamento
Tipologia
lapideo 1999-2000
2014
2017
Marmi
bianchi
Valori
molto diversi, da 1,25 a 5,0, con media 4,76
Media
1,76
Valori
bassi, con media 1,51
Serpentini
Valori
molto diversi con media 2,69
Media
2,
Media
1,25
Arenarie
Solo
silicato d’etile, valori molto diversi, con media 8,1
Silo
111
Media
3,6
Fluoline
HY
0,67
Nel
grafico sottostante (Immagine 2) si
riassumono i valori ottenuti:
Risulta
evidente la variazione del livello di protezione del tempo, che possiamo
considerare scesa a zero a distanza di 18 anni (si ricorda che per le arenarie
il trattamento del 1999-2000 era consistito nel solo consolidante silicato
d’etile, senza una successiva applicazione di idrorepellente).
Per
quanto riguarda i serpentini il valore di assorbimento è più basso in partenza,
quindi le variazioni sono meno apprezzabili, mentre per i marmi bianchi si può
riscontrare una buona tenuta del Silo 111 a distanza di 4 anni. Sui marmi il
Fluoline HY è stato applicato come antiscritta nel 2017 solo nella zoccolatura
inferiore, e dà comunque risultati comparabili a quelli del Silo 111.
Per
le arenarie, prendendo il valore del 2000 (8,1) come valore della pietra non
trattata, si vede come a distanza di 4 anni l’effetto protettivo del Silo 111 è
ancora elevato e che, come prevedibile, a distanza di 1 anno il Fluoline HY
impartisce ancora una elevatissima protezione.
Conclusioni_
Questi risultati non possono essere presi come riferimento assoluto della
durata dei trattamenti, anzi ribadiscono come i valori ottenuti varino
fortemente a seconda del litotipo; costituiscono comunque un altro tassello
verso la costruzione di un quadro più generale, che ci possa guidare ad una
corretta manutenzione dei nostri monumenti.
Bibliografia
1. Calia A, Laurenzi Tabasso M., Lettieri
M.T., Mecchi A.M., Quarta G.; “Una
metodologia per il monitoraggio sostenibile dei trattamenti effettuati sui
monumenti in pietra” Arkos 13 (2006).
2.
Mila Martelli; “Problematiche della
conservazione programmata applicata agli apparati decorativi e scultorei
dell’architettura monumentale. Il caso dei protettivi idrorepellenti”. Tesi di
Dottorato in Architettura, anni 2015-2018.
[1] Nel 2000 l’elastomero fluorurato era in commercio
con il nome Akeogard CO
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