In
un precedente articolo del Bollettino (17_3 - I
"complessi" del ferro) si è parlato dei sistemi di pulitura per
manufatti in ferro. In questo numero toccheremo invece l'argomento della
conversione e protezione del ferro, procedimenti estremamente importanti ai
fini del mantenimento dell'opera nel tempo.
Un
convertitore è un prodotto in grado di trasformare gli ossidi instabili
di ferro (la famigerata ruggine) in composti termodinamicamente più stabili. In
commercio esistono molti convertitori contenenti tannini e acido fosforico in
soluzione acquosa o idroalcolica. Tuttavia, alcuni di questi prodotti
contengono anche resine, ad esempio acriliche, che formano un film
superficiale. Il film è rigido e tende a fratturarsi; l'acqua può entrare nel
cretto e scatenare fenomeni di corrosione al di sotto del film senza che questo
si noti in superficie, finchè la pressione degli ossidi di ferro formatisi
(che, ricordiamo, sono composti idrati
voluminosi) non provoca lo “scoppio” dello strato superficiale. È importante,
quindi, scegliere prodotti che non contengano resine o sostanze filmogene (ad
esempio Fertan).
Il
convertitore può anche essere preparato in laboratorio dal restauratore se si
preferisce controllare la quantità di reagenti presenti, partendo dagli acidi
tannico e fosforico, con miscele in soluzione idroalcolica. Una soluzione di
sola acqua demineralizzata (da preferire sempre quando si creano miscele
“reattive”, come in questo caso) non permetterebbe ai reagenti di penetrare a
sufficienza, perciò è bene aggiungere alcoli quali l’etilico, l’isopropilico o
il Solvanol che favoriscano una maggior diffusione. La quantità di reagenti può
variare da 3% al 5% in peso di acido tannico ed eventualmente fino al 35% in
peso di acido fosforico.
Sia
che venga usato un convertitore commerciale, che un convertitore “fai da te”,
bagnare la superficie con acqua demineralizzata e/o alcol prima di applicare i
convertitori può favorire la penetrazione. Essenziale aver tolto i sali
solubili prima di questo trattamento per evitare che vengano estratti e rimangano
in superficie (efflorescenze spesso rossicce e deliquescenti), ostacolando tra
l'altro l'azione del convertitore.
L’acido
fosforico rende la superficie scura, tuttavia è indispensabile per manufatti
all’esterno, perché i fosfati sono insolubili e stabili. Per manufatti
musealizzati, invece, può essere sufficiente un convertitore a base solo di tannini,
idrosolubili ma che modificano molto meno il colore della superficie. Dopo
l’uso di un convertitore è comunque necessario applicare un protettivo
adeguato.
Stabilizzare
un manufatto, tuttavia, può essere inteso anche come rinforzo più o meno strutturale
dell’oggetto, operazione che può prevedere il consolidamento e/o la riadesione
di parti. Innanzitutto è bene chiarire il significato dei termini coesione e
adesione:
-
Coesione: forza di attrazione reciproca tra atomi o
molecole da cui dipende lo stato di aggregazione dei corpi solidi, liquidi e
gassosi. Quando la forza di coesione viene a mancare, i materiali solidi
diventano pulverulenti. I trattamenti che permettono il recupero, parziale o
totale, delle forze si dicono di consolidamento (per mezzo di consolidanti).
L'uso di soluzioni polimeriche (resine) a bassa viscosità, permette un maggior
grado di penetrazione nei pori dell’oggetto. Nel caso i polimeri siano sciolti
in solvente (ad esempio acrilici) è consigliabile l’uso di solventi poco
volatili, i quali promuovono la penetrazione delle macromolecole. Tuttavia, il
grado di penetrazione dipende anche fortemente dalla struttura chimica dei
polimeri, dalla grandezza dei pori, dalle caratteristiche stesse del materiale
da consolidare, etc. e sono quindi necessarie delle prove preliminari. Il
sottovuoto, soprattutto nel caso di manufatti archeologici, può essere di
grande aiuto, sebbene vada usato con una certa discrezione su manufatti molto
fragili.
-
Adesione: forza di attrazione esercitata tra le molecole
di due corpi posti a contatto fra loro. . Quando la forza di
adesione tra due superfici viene a mancare, il manufatto si rompe in scaglie,
pezzi di vari misura e forma o, addirittura, può avvenire il distacco tra due
parti. I trattamenti che permettono il recupero, parziale o totale, delle forze
di adesione si dicono di riadesione
(per mezzo di adesivi). Una buona forza adesiva è data dalle resine
epossidiche (consigliate per grandi superfici), ma anche anche composti
acrilici (parti medio/piccole).
Le resine epossidiche e poliesteri
vengono spesso utilizzate sia per il consolidamento che per la riadesione.
Tuttavia, le resine poliesteri contengono stirene e sono da considerarsi molto
tossiche. Resine epossidiche come la Epo 150 o la Epo 155 (la
quale ha la particolare caratteristica di essere flessibile) sono abbastanza
fluide e non rilasciano cloruri o prodotti dannosi per il ferro. Sia le
poliesteri che le epossidiche sono polimeri “strutturali” ma difficilmente
reversibili per mezzo di solventi.
In alcuni casi, potrebbe essere
necessario introdurre un’armatura o dei rivetti di rinforzo, i quali devono
essere di materiale elettrochimicamente compatibile (non deve formare celle
galvaniche).
Il passo finale, estremamente
importante ai fini della conservazione, è la protezione. Per manufatti in ambienti esterni si
possono utilizzare anche dei coatings
a base di resine epossidiche o, in alcuni casi, poliuretaniche caricate, che
tuttavia alterano in maniera anche evidente l’aspetto della superficie.
Esistono in commercio vernici apposite (ferromicacee, allo zinco, etc.) in
grado di dare una buona protezione all’oggetto in ferro posto in esterni, con
lo svantaggio di modificare il colore superficiale e di essere difficilmente
reversibili con mezzi non meccanici come i solventi organici.
I
protettivi che rispondono alle esigenze della conservazione in fatto di
removibilità e non alterazione della cromia per manufatti in ferro di interesse
storico artistico sono:
- Acrilici: ad esempio Incral 44 e Paraloid B72.
- Cere: ad esempio Reswax WH.
Per
i polimeri è importante valutare la temperatura di transizione vetrosa (Tg): se
è bassa, il film potrebbe catturare la polvere, veicolo di corrosione sulle
opere in ferro.
Il
ben noto Paraloid B72 è il membro più famoso di una famiglia di resine
acriliche. Tutti i Paraloid sono resine termoplastiche, solubili in chetoni,
esteri, idrocarburi aromatici e clorurati.
Le
principali differenze sono:
- Durezza Tukon: più alta è la resistenza Tukon,
maggiore è la resistenza della copertura all’abrasione.
- Temperatura di transizione vetrosa
(Tg): è una
temperatura ben definita, oltre la quale le macromolecole del polimero
cominciano a muoversi. Al livello macroscopico non si notano particolari
differenze (non appiccica, non si deforma, etc.) ma la polvere può rimanere
“ingabbiata” dal movimento delle catene.
Nome Componente di Peso Viscosità a Durezza Tg °C Base Specifico 25°C cPs Tukon a 82 (Kg/dm3) (40% Toluene)? °C
Paraloid
Metil-Metacrilato
1.15
700-1700
6.5
60
B44
Paraloid Metil-Butil- 1.09 210-345 9.3
50
B66 Paraloid IsoButil- 1.05
250-375
13. 2
50
B67 Metacrilato
Paraloid
Etil-Metacrilato 1.15
350-650
2.9
40
B72
Paraloid
Metil-Metacrilato 1.16
300-600
3.7
35
B82
Comparazione
delle caratteristiche di alcuni Paraloid in commercio.
Di
solito, le resine più dure danno una copertura dura e fragile, ma con un
maggior effetto protettivo e una Tg alta; sono quindi adatte alla protezione di
manufatti in esterni. Per i metalli in esterno, si ottengono buoni risultati
con il Paraloid B44 o altre vernici simili come, ad esempio, l'Incral 44 (ex
Incralac 44, con la stessa composizione chimica). Questo tipo di
prodotti hanno infatti una Tg elevata (60°C), indispensabile per resistere al
riscaldamento che subiscono i metalli al sole, ma anche una durezza Tukon non
troppo elevata che permette alla vernice di essere più flessibile e seguire la
dilatazione del metallo.
Anche
per quanto riguarda le cere, impiegate come copertura finale spesso sopra gli
strati di acrilico per conferire opacità e protezione dalla permeazione dei
gas, occorre valutarne la “durezza”. In questo caso, essendo profondamente
diverse da un polimero, non si parlerà né di durezza Tukon (anche le cere più
dure possono essere scalfite con facilità) né di Tg; tuttavia è possibile
considerare il valore della temperatura di fusione (Tf) per valutarne la
durezza: più la Tf è alta più una cera risulterà poco malleabile e dura. A
differenza di un polimero, vicino alla Tf una cera rammollisce e diventa
appiccicosa e oltre si liquefa.
Tipo di Cera
Componente di Base
Tf °C
COSMOLLOID 80
Cera Microcristallina
80 - 85
RESWAX WH Miscela di cere naturali 103 - 105
microcristalline e polietileniche
Cera Vergine d'Api
Cera naturale
30 - 45
Comparazione
delle caratteristiche di alcune cere in commercio.
La
cera d’api non va bene per metalli in esterni, ma anche in ambienti interni può
dare problemi vista la sua bassa Tf (cattura la polvere già a temperatura
ambiente). La Cosmolloid 80 (Tf ca. 80°C) e la Reswax WH (Tf ca.
103°C) sono consigliabili per oggetti musealizzati, mentre in ambienti esterni
solo la Reswax WH garantisce una buona protezione agli oggetti in metallo.
Importante:
il solo trattamento con resine acriliche consente di rendere la superficie
idrorepellente, ma permeabile a gas come l’ossigeno. La cera invece,
opportunamente “tirata”, ostacola efficacemente la permeazione dei gas.
Ricordando che il principale meccanismo di corrosione sul ferro richiede la
presenza sia di acqua che di gas (ossigeno), si rende necessaria la stesura sia
della vernice acrilica (prima) che della cera (dopo). Da studi dell'ICR è stato
provato che l'accoppiata Incral 44/Reswax WH è la più efficiente per la
protezione di opere metalliche in esterni (Articolo sugli atti del Simposio Ancient
& Historic Metals organizzato dal the J. Paul Getty Museum and the
Getty Conservation Institute del novembre
1991, disponibile anche
in
formato elettronico:
http://getty.edu/conservation/publications/pdf_publications/ancientmetals1.pdf)
Bibliografia
1.
Marabelli,
Maurizio. Conservazione e Restauro dei Metalli d'Arte. Roma: Bardi
Editore, 2007
2. Leoni,
Massimo. Elementi di Metallurgia Applicata al Restauro delle Opere
d'Arte. Firenze: Opus Libri, n.d.
3.
Maurizio Marabelli “The Monument of Marcus
Aurelius: Research and Conservation” pp. 1-19 in Ancient & Historic
Metals – Conservation and scientific research, atti del Simposio
organizzato da the J. Paul Getty Museum e the Getty Museum Institute,
Novembre 1991. link: http://getty.edu/conservation/publications/pdf_publications/ancientmetals1.pdf
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